Missione in Etiopia
Il racconto di Chiara Pini, fra il villaggio di Tullo e Addis Abeba.
Un’occasione per assistere ai lavori di preparazione del nuovo terreno agricolo di Tullo -finanziati grazie al fondo “Senza Tasche”- e per verificare la fattibilità di nuovi progetti in Etiopia.
A ottobre Nicola [Vitali] e io siamo stati in Etiopia, una realtà in cui ASPEm ha realizzato delle piccole attività agricole a sostegno della comunità, in particolare delle donne. Un paese definito culla dell’umanità per le scoperte di ominidi avvenute nel suo territorio, un paese che ha saputo affascinarmi fin da subito coi suoi colori sgargianti, il verde delle foreste, il rosso della terra, la bontà dell’injera (pane tipico) e della bunna (caffè).
La nostra prima tappa è stata Tullo, un villaggio a sud della capitale Addis Abeba, che fin da subito ha portato con sé diverse sensazioni: la gioia trasmessa dalla contagiosa allegria della gente; la meraviglia dei tramonti sul lago di Hawassa, che non solo regala acqua ai villaggi intorno ma anche viste spettacolari; il bruciore provocato dal Berberè, spezia tipica etiope leggermente piccante; la tristezza nell’osservare il degrado causato dalla povertà estrema e l’amarezza nel vedere giovanə con tanto talento passare le giornate in strada per l’assenza di opportunità lavorative. Quegli/quelle stessə ragazzə che mi hanno accolta fin dal primo giorno con entusiasmo, chiedendomi, in un mix di amarico, inglese e gesti, se volevo giocare a calcio con loro.

Il nuovo campo pronto per la semina
A Tullo abbiamo visitato il campo dissodato e pronto per essere coltivato, frutto della Campagna Senza Tasche, promossa da ASPEm.
La possibilità di vedere i piccoli germogli, protetti da foglie di banano che li tengono al caldo, mi ha fatto capire quanto sia importante continuare a credere nella cooperazione e nelle piccole e grandi azioni che ASPEm, come tante altre ong, compie.
Gabriel, il ragazzo che ha seguito i lavori, era soddisfatto e grato dell’opportunità che lui e altrə giovanə hanno potuto cogliere con la presenza di nuovi campi da lavorare.
Sicuramente l’ospitalità e la gentilezza della popolazione etiope sono un tratto tangibile e evidente. Le suore Orsoline, presso cui alloggiavamo, ci hanno accolto con una suggestiva cerimonia del caffè. Quel fumo intenso che diffondeva uno squisito aroma di chicchi tostati mi ha fatto capire il valore che la popolazione etiope dà all’ospitalità e al caffè.
L’ospitalità di padre Joseph, che pur di farci conoscere la sua comunità e le problematiche relative ha guidato per più di 4 ore. L’ospitalità delle suore salesiane, che, nella nostra tappa ad Addis Abeba, ci hanno fatto provare piatti tipici e insegnato alcune parole nelle 80 lingue presenti in Etiopia.
Durante la nostra permanenza nella capitale, il contatto con Don Ermanno Roccaro, prete canturino trasferitosi nel Corno d’Africa ormai più di trent’anni fa, ci ha permesso di risiedere nel compound dalle suore figlie di Maria Ausiliatrice, dov’è presente una scuola che ospita più di 1400 bambinə e ragazzə. Così facendo abbiamo potuto toccare con mano un frammento della realtà della scuola, osservare i/le bambinə giocare prima del suono della campanella e intonare l’inno nazionale in file ordinate. Abbiamo compreso l’urgenza di ampliare la struttura finendo il restauro di un’ala dell’edificio e di creare laboratori extracurriculari, che comprendono musica, arte e teatro per i/le ragazzə che vogliono un diversivo dopo svariate ore passate sui banchi.
Una missione che sicuramente mi ha fatto provare emozioni contrastanti e profonde, che rendono ancora più forte la mia motivazione a lavorare nel mondo della cooperazione.