In occasione della promozione del bando di Servizio Civile Universale di quest’anno, abbiamo pensato di proporvi un ciclo di testimonianze dellə nostrə volontariə direttamente dal campo, per aiutare potenziali candidatə a capire meglio questa esperienza tramite le parole di chi la sta vivendo in prima persona.

Siamo alla ricerca di 63 volontariə civilistə!

Puoi trovare tutte le schede dei progetti di ASPEm in questa pagina e scaricare qui il bando di quest’anno

Puoi candidarti su domandaonline.serviziocivile.it entro le 14.00 del 18/02/2025. 

Le interviste sono condotte da Fabio, tirocinante presso la nostra sede a Cantù, che ringraziamo per la passione e l’impegno che sta mettendo in questo progetto. Di seguito il dialogo con Lara, Anna e Arianna, Volontarie Civiliste nelle nostre sedi di Cochabamba (Bolivia) e Totonicapán (Guatemala).

Ciao Lara, ciao Anna, ciao Arianna. Vi va di presentarvi brevemente?

Lara: Ciao! Sono Lara e mi trovo a Cochabamba, in Bolivia. Sono un’educatrice e sto frequentando la magistrale in antropologia a Torino. Lavoravo da 4 anni in Italia e sentivo necessità di un forte cambiamento, di scoprire altre parti di me e di mettermi in gioco, quindi ho deciso di candidarmi per il Servizio Civile.

Anna: Ciao! Sono Anna e sono anche io a Cochabamba. Ho una laurea in ingegneria energetica con una specializzazione in cooperazione internazionale. Durante la mia ricerca di tesi in Guatemala ho realizzato quanto fosse forte la mia passione per questo ambito e, in seguito, sono stata attratta dal progetto ambientale di ASPEm, che mi sta permettendo di approfondire ulteriormente il mio interesse.

Arianna: Ciao! Io sono Arianna e al momento sono in Guatemala a Totonicapán. Prima di partire ho vissuto 2 anni all’estero, ma sempre in Europa. Ho deciso di candidarmi per il Servizio Civile Universale perché avevo voglia di fare esperienza di contesti e dinamiche diverse da quelle a cui ero abituata. Ho studiato arte e cinema e qui mi occupo di comunicazione.

Raccontateci il posto in cui vivete, com’è stato arrivarci e come vi trovate oggi. 

Lara: Cochabamba è una città che offre di tutto: non è frenetica come molte città italiane e, al tempo stesso, risulta meno caotica rispetto ad alcune città latinoamericane che ho visitato di recente.

Anna: Arrivare a Cochabamba mi ha un po’ scombussolata: io vivevo a Trento, che in confronto è un paesino piccolo. Il primo impatto è stato scioccante e non me lo aspettavo, però ora mi sto trovando benissimo! La città è viva e rumorosa, una cosa che mi piace molto è il sistema di mezzi pubblici urbani: non esistono fermate, se vuoi andare da qualche parte basta alzare la mano e i Trufi (bus locali) si fermano ovuque tu sia e puoi salire.

Arianna: Io invece sono in un contesto molto diverso, la mia sede di servizio è in una zona rurale, viva e densa, ma comunque lontana dalla città. Il primo periodo è stato impattante perché anche qui il concetto di organizzazione è molto diverso dal nostro, anche a livello di caos generale… ed è così un po’ in ogni contesto, quindi è stato difficile adattarsi. La cosa bella però è che mi bastano 15 minuti per essere immersa nel verde. Ci sono delle bellissime aree naturali qui in zona, con queste montagne verdi che ci permettono di “staccare” dalla quotidianità e fare passeggiate incredibili. D’altronde il Guatemala non è grandissimo, ma ci sono ben 37 vulcani, quindi a livello naturale sono molto fortunata.

Cosa pensate di stare imparando vivendo in contesti culturali diversi dai vostri?

Lara: Sicuramente la flessibilità! La popolazione boliviana ha questa flessibilità intrinseca che non si sa bene quando, non si sa bene come, alla fine le cose si fanno… ma non sempre attraverso un processo graduale e lineare come quello a cui siamo abituatə noi. Riunioni annullate all’ultimo e imprevedibilità generale sono all’ordine del giorno. All’inizio mi generava molta frustrazione. Ad esempio, ci mettiamo d’accordo per andare in montagna il sabato e poi il giorno stesso alle 5 mi dici che non vieni… Ma qui è normale darsi buca e riprogrammare tutto all’ultimo; per me ora è una pratica zen!

Anna: Anche io mi ritrovo con Lara: non sempre è facile avere una settimana lavorativa organizzata e questo a volte ti manda in tilt! Personalmente sto imparando a procedere con più calma, e che comunque le cose alla fine si portano a termine; semplicemente mi stresso meno e non vado in burnout! Ho capito che ci sono delle priorità che non sempre sono il lavoro: ad esempio, un giorno siamo andatə al campo per montare un misuratore di pressione, hanno tagliato un tubo sbagliato e ci siamo attrezzatə con dei secchi per cercare di arginare la perdita d’acqua… quando è arrivato mezzogiorno abbiamo messo giù gli attrezzi e siamo andatə a mangiare. Per quanto folle, trovo ci sia qualcosa di molto bello nel pensare che sì, c’è un problema, ma cascasse il mondo, i momenti comunitari vanno rispettati.

Arianna: È così anche in Guatemala. i ritmi sono completamente diversi, le persone sono abituate a dire sempre di si, poi però non riescono a fare tutto e all’ultimo gli impegni vengono cancellati, ed è frustrante. A livello culturale poi, a volte vivere in Guatemala è come fare un tuffo nel passato: i trasporti sono sempre un’avventura! Qui ci sono vecchi scuolabus statunitensi, dismessi, restaurati, modificati, ai quali danno anche un nome e che diventano i mezzi pubblici; sono tantissimi e li prendi un po’ dove capita!

Come percepite la relazione tra le comunità locali e voi volontariə internazionali?

Lara: Vivendo in città e lavorando in comunità rurali è lampante la differenza: se nella prima non c’è nessunə stupitə di vedermi, nelle seconde c’è molta curiosità! Lə bambinə in particolare: mi vedono con tratti per loro esotici e, non so perchè, sono convintə che io venga da Parigi! Ma se da parte loro c’è questa sorta di adorazione (ovviamente ingiustificata), tra i genitori a volte c’è una controparte di diffidenza… del tipo “ma sì, cosa ne sai tu”… soprattutto nel mio caso, una persona giovane e con un bagaglio culturale diverso, in un contesto di educazione dellə loro figliə. Va tutto bene finchè faccio assistenza per lə loro bambinə, ma in contesti più decisionali come riunioni di coordinamento e di organizzazione strategica, dando indicazioni sui comportamenti domestici o scolastici, la mia presenza a volte incontra resistenze, e forse è anche normale e giusto così.

Anna: Io condivido quello che dice Lara. Noi lavoriamo con personale tecnico locale che però vive in città e c’è un legame storico con ASPEm: tra loro c’è chi ha invitato al proprio matrimonio volontariə degli anni passati. Per le comunità rurali invece, è un discorso più complesso; sento che sto ereditando un legame importante costruito nel tempo e la responsabilità di mantenerlo e tramandarlo. A volte capita anche di aver paura di essere fraintesə e di poter rovinare quel rapporto di fiducia.

Arianna: Dove sono io è abbastanza difficile creare relazioni profonde con le persone locali, sia l’ambiente rurale più chiuso sia lo stile di vita dellə ragazzə della nostra età (che hanno quasi sempre già famiglia e altre priorità) rende tutto delicato. Penso sia richiesto più tempo per poter creare un legame. Poi anche noi volontariə abbiamo bisogno di sentirci bene per creare relazioni. Qui le persone di origine occidentale sono pochissime, la gente all’inizio ti guarda con distacco, spesso pensano tu sia un gringo/a, che non è propriamente un complimento... Come dice Lara, lə bambinə ti guardano meravigliatə, vedono i nostri occhi chiari, i capelli ricci… e ti chiedono “ma voi, di là, come fate queste cose?”. Gli adulti però si stanno pian piano abituando alle persone volontarie italiane, sanno che si fermeranno per un pò di tempo sul loro territorio e che lo fanno per dare una mano. Penso che questa distanza sia anche conseguenza del recente conflitto armato: c’è paura ad aprirsi e a lasciarsi andare dal punto di vista umano. Quando vado nelle comunità rurali, le persone escono di casa per vedere chi sono. Si avvicinano e fanno domande, ma allo stesso tempo si nascondono dietro la finestra. C’è curiosità ma anche titubanza, la distanza si riduce fino a un certo punto.

Qual è una grande sfida che state affrontando e con quale parte di voi sentite di star contribuendo al progetto?

Lara: Il mio progetto è nel settore della tutela e assistenza dei diritti dell’infanzia e dell’educazione. Per me una grandissima sfida è sicuramente la carenza di risorse sul lavoro, essendo arrivata da un contesto italiano e da una realtà completamente diversa, con un approccio completamente diverso e una visione dell’infanzia completamente diversa. Non ci sono soldi, ma comunque vengono accoltə tuttə lə bambinə che fanno richiesta, perché altrimenti starebbero a casa da solə tutto il tempo.

Anna: Io appoggio le attività del progetto SANAPI su temi per i quali ho studiato, come la gestione dell’acqua e delle risorse naturali e la mappatura del territorio. Sicuramente la mia sfida personale è stata adattarmi alla flessibilità. Sento di aver portato disponibilità e solarità e questo viene percepito positivamente. Faccio tante domande e sono molto curiosa… le occasioni di apprendimento sono tantissime e voglio sfruttarle al meglio.

Arianna: Io partecipo ad un progetto di sviluppo rurale e mi occupo della parte di comunicazione e documentazione. La difficoltà più grande per me è sicuramente adattarmi alle dinamiche organizzative, come dicevamo prima, ma al netto di tutto sento di star portando un occhio diverso, un punto di vista alternativo e la possibilità di un confronto con approcci nuovi in questo contesto.

Come sta influendo questa esperienza sulla vostra visione del mondo e sui vostri obiettivi futuri?

Lara: Sinceramente, quest’esperienza mi ha confuso le idee: se prima mi consideravo una educatrice, ora vorrei sperimentare più percorsi, dedicarmi a nuove opportunità e, allo stesso tempo, fermarmi in un luogo abbastanza a lungo da fare un buon lavoro.

Anna: Ho maturato il mio interesse per il mondo della cooperazione e sviluppato un legame fortissimo con l’ America Latina, da cui penso di non poter stare lontana per molto tempo senza sentirne il richiamo… Prima vivevo a Trento, ora credo di voler continuare a lavorare sul campo.

Arianna: Ora che sono a metà percorso sento un po’ d’ansia quando penso che mancano solo 4 mesi al mio rientro in Italia, e so che passeranno in fretta. Al momento penso di aver voglia di fare un’altra esperienza di cooperazione.

Come trascorrete il vostro tempo libero? A quali interessi personali state dando spazio?

Lara: Io sono hobbista di natura! Qui, nel tempo libero, riesco a fare un sacco di cose: ho fatto corsi di ceramica, nuoto, panetteria… ma voglio anche andare ad arrampicare e imparare a ballare. I prezzi boliviani rendono tutto più accessibile e l’occasione di poter sperimentare così tante cose non capita spesso, cerco di sfruttarla al massimo.

Anna: Io mi sono riavvicinata al basket, una passione che mi porto dietro dall’Italia; ma ho anche iniziato a fare yoga e un corso di uncinetto. L’unica mancanza è che a Trento ero abituata a fare passeggiate in montagna nel weekend e qui, soprattutto ora che c’è la stagione delle piogge, non è possibile.

Arianna: Qui, non abbiamo tutte le disponibilità di cui parlano Anna e Lara, quindi è anche più difficile crearsi una routine al di fuori del contesto lavorativo: il nostro è un gruppo di volontariə molto affiatato, quindi oltre alle passeggiate nella natura, spesso condividiamo cene e serate in compagnia.

Cosa consigliereste a chi partirà per il Servizio Civile Universale?

Lara: Sicuramente i fermenti lattici, fatene scorta! A parte questa cosa pratica, consiglio di mettersi in gioco e di fidarsi. Precedentemente ho sempre preferito lavorare con una popolazione adulta: arrivata qua mi sono innamorata del mondo dell’infanzia e di quello che sto facendo.

Anna: Condivido il fatto di mettersi in gioco e lasciarsi sorprendere! Non dite di no subito, anche nei confronti di qualcosa che pensate potrebbe non piacervi. Concedetevi la possibilità di sperimentare e mantenete le porte aperte.

Arianna: Indubbiamente ascoltare! Ascoltare, essere curiosə e non avere paura di sbagliare!

Grazie Lara, Anna e Arianna, per le vostre testimonianze e per il servizio che svolgete ogni giorno sul campo!

Lara, Anna e Arianna: Grazie a te Fabio e un grosso in bocca al lupo allə futurə civilistə!

Abbiamo in programma alcuni Webinar informativi con CELIM Milano e COE ETS, per presentare insieme i progetti delle nostre organizzazioni e rispondere alle domande delle persone interessate a candidarsi: salva le date nel tuo calendario e partecipa tramite Zoom cliccando qui! Di seguito le date:

Per informazioni aggiuntive scrivici, a serviziocivile@aspem.org, o visita i siti:
www.focsiv.it
www.politichegiovanili.gov.it

In America Latina, dove diversi contrasti e disuguaglianze caratterizzano il tessuto sociale, il progetto IDeM – Igualdad y Derechos de las Mujeres – rappresenta un importante tentativo di promozione dei diritti delle donne e sensibilizzazione riguardo la questione della disparità di genere. Attivo da gennaio 2025 in Bolivia, Colombia, Uruguay e Guatemala, il progetto affronta diverse sfide che caratterizzano queste realtà: a La Paz, in Bolivia, si registra una significativa incidenza di violenza domestica e una cronica mancanza di supporto e protezione per le donne indigene ed emarginate; a Cali, in Colombia, lunghi conflitti civili hanno generato profonde ferite, esponendo le donne ad un alto grado di vulnerabilità in termini di violenza e ad altre violazioni dei diritti umani. In Guatemala, l’accesso limitato ai servizi medici e il tasso elevato di mortalità materna sottolineano gravi carenze nel sistema sanitario. In Uruguay, persistono disuguaglianze salariali e una bassissima rappresentanza femminile nelle posizioni di potere. In questo panorama complesso, il progetto IDeM cerca di contribuire alla costruzione di solide basi per un futuro più paritario.

IDeM adotta un modello che combina educazione, formazione, sensibilizzazione pubblica e assistenza diretta. Tra le varie attività, è prevista la realizzazione di corsi di empowerment femminile incentrati sulla formazione della leadership, gestione delle risorse e partecipazione politica, figure chiave come le Promotrici Comunitarie vengono formate per guidare altre donne nel riconoscere e affrontare casi di violenza di genere. Parallelamente, il progetto si prefigge di istituire sportelli gratuiti di assistenza legale e psicologica in quartieri vulnerabili, per fornire un supporto concreto alle vittime di abusi.

IDeM si avvale di una solida rete di collaborazioni tra enti europei e organizzazioni locali. ASPEm svolge il ruolo di coordinatore delle attività complessive, con il supporto dei partner europei ALBOAN e MPDL. Sul campo operano direttamente organizzazioni locali come il Centro de Promoción de la Mujer Gregoria Apaza in Bolivia, El Abrojo in Uruguay, l’Asociación de Servicios Educativos y Culturales in Guatemala, i branch office di MPDL in Bolivia e Colombia, e l’ufficio di ASPEm in Bolivia. Insieme, promuoviamo soluzioni sostenibili e collaborative cercando di affrontare le sfide locali.

Nell’ambito del progetto, ASPEm e i suoi partner selezioneranno e invieranno nei quattro Paesi dell’America Latina citati (Bolivia, Colombia, Uruguay e Guatemala) 20 giovani cittadinə europeə per periodi compresi tra i 270 e i 305 giorni. L’obiettivo principale sarà quello di supportare le organizzazioni locali nell’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle comunità locali e, allo stesso tempo, permettere a giovani volontariə di acquisire nuove competenze e capacità personali, essenziali per il loro sviluppo come cittadinə europeə attivə e apertə a diverse culture. IDeM, infatti, è in linea con la Strategia dell’Unione Europea per la Gioventù, che promuove la mobilitazione, la connessione e l’empowerment giovanile. 

Se desideri far parte di questo progetto e partire con noi dalla seconda metà del 2025, ti informiamo che le vacancy saranno pubblicate ad aprile. Potrai trovarle sul nostro sito web e sulla nostra pagina Instagram.

È importante ricordarsi che, per candidarsi, è necessario aver completato la formazione preliminare prevista dall’Unione Europea. Per maggiori informazioni sui passaggi e il training richiesto per gli ESC Humanitarian Aid, puoi consultare questo link:
https://youth.europa.eu/solidarity/young-people/volunteering-humanitarian-aid_it

Per qualsiasi dubbio o chiarimento non esitare a contattarci all’indirizzo email europeansolidaritycorps@aspem.org.

Ti aspettiamo!


Il progetto IDeM è finanziato dall’Unione Europea, attraverso il programma European Solidarity Corps (ESC) per una durata complessiva di 24 mesi.

 

In un mondo in continua trasformazione, un’istruzione di qualità rappresenta una delle chiavi essenziali per agevolare l’accesso a condizioni di benessere sociale. Con una popolazione che supera i 120 milioni di abitanti e un’economia in rapida crescita, l’Etiopia si trova a dover affrontare sfide cruciali, soprattutto in campo educativo: in questo contesto nasce ARCO – Arte, Crescita e Opportunità, un progetto promosso da ASPEm in collaborazione con le Suore Salesiane dell’Etiopia, per supportare un cambiamento virtuoso nel contesto educativo del quartiere Bole-Bulbula (Addis Abeba), popolato prevalentemente da famiglie a basso reddito ed economicamente vulnerabili. Qui, molte scuole pubbliche faticano a rispondere alle esigenze educative di una popolazione in crescita, e le disparità di accesso ai propri diritti colpiscono in particolare bambinә e ragazzә, aggravate dalla significativa presenza di barriere economiche e sociali, come il lavoro minorile e il matrimonio precoce.

In questo panorama, la Auxilium Catholic School, attiva sul territorio dal 2013, si distingue come punto di riferimento per un’istruzione inclusiva e lo sviluppo personale. ARCO mira a potenziare ulteriormente il lavoro della scuola, creando nuove opportunità educative e culturali per chi la frequenta.

L’Auxilium Catholic School e la sua popolazione studentesca.

Il progetto, avviato a gennaio 2025, si prefigge l’obiettivo di contribuire a trasformare l’esperienza educativa di oltre 200 bambinә nei prossimi due anni attraverso:

  • Espansione infrastrutturale: la costruzione di nuove aule e spazi dedicati alle attività artistiche;
  • Laboratori creativi: introduzione di corsi di musica, pittura e teatro, culminanti in saggi e mostre aperte alla comunità;
  • Inclusione e uguaglianza: un’attenzione particolare a bambinә e ragazze, per abbattere le disparità di genere e favorire un’istruzione equa.

Il progetto non si limita a migliorare l’istruzione accademica, ma punta a sviluppare la creatività, l’autostima e il senso di comunità tra la popolazione studentesca, rendendola protagonista del cambiamento all’interno delle loro famiglie e del loro quartiere.

I lavori nel cantiere per l’ampliamento degli spazi didattici dedicati alle attività artistiche.

Il Ruolo di ASPEm e i Partner Coinvolti

ASPEm, con la sua consolidata esperienza nel settore della cooperazione internazionale, svolge in questo progetto un ruolo di coordinamento, monitoraggio e gestione amministrativa. L’implementazione operativa è invece affidata alle Suore Salesiane del territorio, che garantiscono, oltre alla conoscenza ed esperienza diretta delle dinamiche socio-culturali locali, un approccio educativo orientato allo sviluppo integrale.


logo-cc-affix

Il progetto ARCO è operativo grazie al generoso supporto della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che finanzia le infrastrutture e le attività previste.

In occasione della promozione del bando di Servizio Civile Universale di quest’anno, abbiamo pensato di proporvi un ciclo di testimonianze dellə nostrə volontariə direttamente dal campo, per aiutare potenziali candidatə a capire meglio questa esperienza tramite le parole di chi la sta vivendo in prima persona.

Siamo alla ricerca di 63 volontariə civilistə!

Puoi trovare tutte le schede dei progetti di ASPEm in questa pagina e scaricare qui il bando di quest’anno

Puoi candidarti su domandaonline.serviziocivile.it entro le 14.00 del 18/02/2025. 

Per inaugurare questo ciclo, abbiamo fatto una chiacchierata con Anna Mauri, Responsabile Servizio Civile Universale per ASPEm:

Ciao, per chi non ti conosce, chi sei e di cosa ti occupi? 

Ciao! Sono Anna e mi occupo del coordinamento delle persone volontarie in servizio Civile Universale in carico ad ASPEm. 

Come hai conosciuto questo mondo? Come hai iniziato a lavorare per ASPEm? 

A dirla tutta è una realtà che è sempre stata parte della mia vita, proprio una parte di me: oggi vivo in Bolivia con mio marito che, quando ho conosciuto, lavorava per loro ma soprattutto mia mamma è stata una delle persone firmatarie della carta costituente dell’associazione e mi ha sempre parlato e coinvolto, direttamente o indirettamente, nel suo vissuto quotidiano di questa realtà. 

Come è nata l’idea di lasciare casa e trasferirsi dall’altra parte del mondo? 

È stato improvviso, si è presentata questa opportunità lavorativa e nel giro di 3-4 mesi ho dovuto decidere e pianificare il trasferimento con mio marito e i miei figli; è stato un salto nel buio, ma sono soddisfatta del percorso fatto fino ad oggi e so che rimarrò in Bolivia fino al 2025. Sicuramente il mio interesse per l’America Latina, l’interesse in famiglia con ASPEm, l’affinità culturale con le Americhe e la mia precedente esperienza di volontariato in Messico hanno giocato un ruolo determinate e facilitante nel decidere di intraprendere questa avventura di vita all’estero per me e la mia famiglia. 

Raccontaci di questa tua esperienza in Messico, siamo curiosi! 

È iniziato tutto a 18 anni con il Coordinamento Comasco per la Pace, che all’epoca organizzava la Scuola dei Diritti Umani nelle scuole superiori: mi mandarono sei mesi in Messico, nello specifico in Chiapas, uno dei suoi stati più poveri ed in cui all’epoca era molto forte il Movimento Zapatista, che aveva messo da parte le armi per diventare movimento sociale e nella cui anima è fondante la presenza dell’indipendenza indigena, tema che ho molto a cuore. 

Come si svolge il tuo lavoro in Bolivia? 

Lavoro a diretto contatto con lə volontariə, tenendo la relazione e mantenendo un monitoraggio costante. Sono la prima persona di riferimento di ASPEm per loro; quest’anno sono 39 ragazzə, tra Bolivia, Perù e Guatemala. L’anno prossimo saranno 63 e oltre ai paesi già citati, andranno anche in Colombia e Marocco. C’è tanto lavoro di relazione e coordinamento: seguo l’annualità del progetto e mantengo una visione d’insieme, partendo dall’uscita del bando, passando per la selezione, proseguendo con la formazione fino poi alla missione pratica. Ovviamente altre persone mi danno una mano e componiamo insieme una struttura ben salda a supporto dellə civilistə. Lə seguo passo passo dalla burocrazia, dai fogli firma ai colloqui con loro e con i partner, per sincerarmi che tutto vada al meglio e su cosa si possa eventualmente migliorare in corso d’opera. In breve, tento di avere una visione di insieme su tutte le sedi di servizio.

E come si compone una tua giornata tipo? 

Inizio dalla classica lettura delle email, rispondo ai messaggi di coordinamento con la sede centrale di ASPEm, tengo riunioni quotidiane con l’Italia (tenendo conto del fuso orario, 5 ore indietro in Bolivia) e tutti i partner locali e lə civilistə. Nel monitoraggio si può passare da un mio classico “va tutto bene?” al loro “mi è successa questa cosa e vorrei chiedere consiglio”. 

Hai citato il dietro le quinte annuale del Servizio Civile Universale: dopo l’organizzazione, c’è l’apertura del bando, poi iniziano le selezioni, i colloqui e in seguito le formazioni; c’è una fase che ti coinvolge maggiormente? Come ti dividi tra tutto questo? 

Indubbiamente i colloqui: chi si candida ha mediamente 30-40 minuti e li sfrutta al massimo per giocarsi le proprie carte. Ne escono momenti tanto appassionanti quanto sfinenti per l’attenzione massima che ogni singola persona merita e richiede! Durante la fase di formazione invece ci teniamo che le persone selezionate possano conoscere personalmente tutti i componenti di ASPEm (e viceversa); riteniamo sia fondamentale e che faccia una differenza sostanziale che chi è in partenza possa dare un volto ed un contatto umano a tutte le persone che lo supporteranno da dietro le quinte per tutto il percorso del Servizio Civile Universale. 

Possiamo dire che lə volontariə civilistə sono il cuore al centro delle missioni di ASPEm; quali qualità ritenete siano più rilevanti per chi parte? 

Sicuramente una forte umiltà facilita molto l’impatto con la fisiologica barriera culturale che si incontra nei paesi di intervento. Ma anche essere adattabili alle sfide o alle aspettative inattese; ci sono cose sulle quali possiamo cercare di preparare chi partirà, ma che presentano un incolmabile scarto di percezione rispetto a quanto si vivrà direttamente; un esempio per spiegare cosa intendo può essere il caldo, in alcune zone: molte persone partono sapendo che andranno in contro a temperature molto elevate, ma quando si trovano sul posto riportano comunque con molta sorpresa quanto caldo e afa siano impattanti per la loro quotidianità; questo aneddoto, oltre ai sorrisi, porta comunque una doverosa riflessione anche all’aspetto di sopportazione fisica che un’esperienza del genere porta con sé. Consiglio poi a livello interiore di partire mettendo da parte tutti quei “io vorrei, io credo, io sono”, cercando di rimanere più apertə possibile all’incontro con un mondo nuovo e probabilmente diverso per molti aspetti dalla propria realtà, dai propri modi di essere e fare, dai propri valori e dalla propria organizzazione, anche solo della quotidianità. Non aspettarsi con sicurezza qualcosa ma rendersi recettivi, di modo che se anche al primo impatto qualcosa ci destabilizza, questo non impatti negativamente sul nostro adattamento alla missione. Cercare di mantenersi umili agevola l’inserimento in un contesto culturale che non è il proprio e non si conosce nel quotidiano; fare due passi indietro per entrare in relazione. Capitano anche caratteri dai forti valori, ma quando sei dall’altra parte del mondo è naturale metterli un po’ da parte e metterti in discussione. Essere recettivi aiuta all’adattamento. 

Puoi spiegarci meglio? 

Tempo fa è capitato un particolare gruppo, molto affiatato, dai facili entusiasmi e che si aiutava molto. Questo aspetto, oltre ad avermi indubbiamente facilitato il lavoro, mi ha affascinata: nel senso che il gruppo risultava poi particolarmente “preso bene” per quello che stava facendo e se in qualche momento chi ne faceva parte non si sentiva contentə al 100%, riusciva sempre a trovare altri aspetti del momento che lə motivasse. Per trovare un termine, direi che c’era molta proattività! Certo, non è sempre facile e non sarebbe umano aspettarsi che lo sia, ci sono situazioni, soggettive e oggettive, che vengono lasciate in Italia e che possono dare pensiero per l’intera durata della missione, se non pienamente risolte o elaborate. 

Dalle tue parole si percepiscono tanta cura e passione ma anche soddisfazione! 

Assolutamente si! È molto bello soprattutto quando lə ragazzə a fine servizio ti mostrano riconoscenza. Noi, come ASPEm, facciamo tanto lavoro che non si vede a primo impatto… quando questo viene notato restituisce un enorme senso di gratificazione! Ma oserei dire che è anche il nostro valore aggiunto: dietro ogni singola persona volontaria, ogni singola esperienza, c’è una rete oltre a me, che cura tutto il processo, che cerca i partner, che crea le opportunità per i viaggi, che mantiene la relazioni e che permette tutto questo.

In chiusura, un tema che ricorre sempre più frequentemente, parlando di Servizio Civile Universale, riguarda le “porte lavorative” che questo può aprire al termine dell’impiego; come vedi la questione in relazione a queste missioni in un paese lontano?

Personalmente, ritengo che l’aspetto lavorativo non dovrebbe essere l’interesse primario per affrontare un’esperienza come questa, ma sicuramente il Servizio Civile Universale è uno strumento che è cambiato molto negli anni: se prima aveva una forte spinta valoriale di volontariato, è vero anche che negli anni si è molto professionalizzato. Molte più figure “tecnicamente preparate” si candidano, ma poi entrano in gioco molti altri aspetti per quello che sarà un impiego di 12 mesi in un paese lontano dal proprio; dal punto di vista lavorativo, consiglierei l’esperienza a chi è interessato a lavorare nel mondo della cooperazione internazionale, meno, ma ovviamente non escludo assolutamente, a chi ha orientamenti professionalizzanti diversi. Mi immagino, per esempio, una ragazza che si vede esercitare la professione di psicologa a Cajamarca nelle Ande peruviane… indubbiamente farà un’esperienza bellissima, ma le dovranno andare bene molte cose che non c’entrano con l’esperienza lavorativa: trovarsi in un altro contesto, un altro modo di lavorare; le dovranno andare bene gli aspetti culturali e organizzativi, a volte frustranti, le dovrà andare bene che questi ultimi siano diversi da quelli cui è abituata e che ha studiato in Italia. Ma penso anche ad un agronomo che magari si immagina un determinato percorso professionale e poi, impiegato sul posto, si trova a svolgere opere più fondamentali e basilari di quelle immaginate. Dal punto di vista umano e di crescita personale, invece, è un’esperienza che consiglio a chiunque. Insisto sull’aspetto delle barriere culturali, perché sono davvero la prima cosa che intrinsecamente risalta al primo contatto con un mondo nuovo. Capita spesso che, dopo i primi mesi di Servizio, molte persone sperimentano un cambiamento di prospettiva riguardo le dinamiche organizzative: “Sono disorganizzati” diventa, col tempo, “sono organizzati in maniera diversa”, il che è verissimo, ed è una dinamica evidente sin dall’approccio ai problemi quotidiani, per i quali in molti paesi d’intervento è culturalmente normale tendere a privilegiare soluzioni più informali e/o temporanee rispetto a quelle a cui siamo abituatə in Italia.

Grazie Anna per questo prezioso sguardo che ci hai concesso sul tuo mondo!

Grazie a voi!
Ed un grosso in bocca al lupo a chi si candiderà per il Servizio Civile Universale quest’anno!

Abbiamo in programma alcuni Webinar informativi con CELIM Milano e COE ETS, per presentare insieme i progetti delle nostre organizzazioni e rispondere alle domande delle persone interessate a candidarsi: salva le date nel tuo calendario e partecipa tramite Zoom cliccando qui! Di seguito le date:

Per informazioni aggiuntive scrivici, a serviziocivile@aspem.org, o visita i siti:
www.focsiv.it
www.politichegiovanili.gov.it

Da oltre 20 anni ASPEm è parte della Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana – FOCSIV, la più grande federazione italiana di ispirazione cristiana di cooperazione e volontariato internazionale, che lavora per promuovere lo sviluppo di tutte le persone e dell’intera persona umana, sia nel nord che nel sud del mondo. Tramite FOCSIV e la collaborazione con le altre realtà che ne fanno parte, ASPEm promuove e partecipa al programma di Servizio Civile Universale, contribuendo a fornire un’opportunità di volontariato a giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni, per dedicare un periodo della loro vita ad attività di utilità sociale, in Italia o all’estero. Lo scopo è contribuire al benessere della comunità attraverso progetti in vari ambiti, come:

  • Assistenza (anziani, persone con disabilità);
  • Protezione civile (emergenze, prevenzione);
  • Ambiente (educazione e tutela ambientale);
  • Patrimonio culturale (valorizzazione e salvaguardia);
  • Educazione e promozione culturale.

Crediamo in una società aperta e accogliente, attenta ai bisogni di tuttə e consapevole che nessunə si salva da solə. Pensiamo che il Servizio Civile sia uno strumento potente per creare un impatto significativo e duraturo, nella prospettiva di una società sempre più globale e senza barriere.

Cerchiamo 63 persone motivate a prendere parte a questa esperienza di cambiamento e formazione!

Di seguito sono consultabili le schede sintetiche dei progetti proposti da ASPEm:

Bolivia:

Perù:

Guatemala:

Colombia:

Marocco:

Abbiamo in programma alcuni Webinar informativi con CELIM Milano e COE ETS, per presentare insieme i progetti delle nostre organizzazioni e rispondere alle domande delle persone interessate a candidarsi: salva le date nel tuo calendario e partecipa tramite Zoom cliccando qui!

 

Clicca qui per scaricare il bando di quest’anno!
Fai una scelta di valore, hai tempo fino alle 14.00 del 18/02/2025.
Candidati subito su domandaonline.serviziocivile.it

Per informazioni aggiuntive scrivici a serviziocivile@aspem.org, o visita i siti:
www.focsiv.it
www.politichegiovanili.gov.it

Questo mese si è concluso con successo il progetto di Educazione alla Cittadinanza Globale intitolato “UPSIDE DOWN”, realizzato presso la scuola secondaria di I grado “Madre Teresa” di Cucciago grazie alla collaborazione tra ASPEm e COE.

Il percorso, articolato in 10 incontri settimanali, ha coinvolto studentesse e studenti in laboratori esperienziali e partecipativi mirati alla sperimentazione dell’intercultura. L’obiettivo principale è stato quello di favorire il riconoscimento di stereotipi e pregiudizi culturali, potenziando al contempo le capacità critiche e di confronto attraverso nuovi punti di vista.

Le attività hanno incluso giochi a squadre e giochi di ruolo, l’analisi di cortometraggi e letture, momenti di riflessione collettiva e sperimentazioni artistiche, musicali e corporee, con un focus anche sul potenziamento della lingua inglese. Il gruppo classe è stato accompagnato in questo percorso con metodologie innovative che hanno promosso un approccio interculturale e cooperativo.

Il progetto si è concluso con una speciale occasione di restituzione, durante la quale la classe ha condiviso con la comunità scolastica e cittadina le esperienze vissute e i risultati raggiunti, diventando protagonista e promotrice di un dialogo aperto e inclusivo durante la giornata dell’Open Day scolastico, avvenuta il 14 dicembre.

Grazie a questo percorso, alunne e alunni hanno potuto approfondire la conoscenza di sé, sperimentare l’intercultura, esplorare nuove forme di espressione e rafforzare il senso di appartenenza alla comunità scolastica.

Al termine del percorso, la classe ha elaborato un vademecum di buone pratiche: un insieme di suggerimenti su cose da fare e non fare per promuovere il cambiamento e l’approccio interculturale in classe, a scuola e fuori dal contesto scolastico.

 

Come partner ufficiale del Progetto SANAPI, Slow Food da il via al Presidio delle Api Senza Pungiglione di Chuquisaca, supportando la protezione e la valorizzazione di specie di api native come Señorita (Trigona), Negro e Burro (Scaptotrigona), Tancarillo (Melipona) e Boca de Sapo (Nanotrigona), allevate nel dipartimento di Chuquisaca, Bolivia. Il miele prodotto, derivato da una grande varietà di piante locali, è il risultato di pratiche tradizionali, principalmente portate avanti dalle donne Guaraní.

In Bolivia, diverse specie di api autoctone e il loro habitat sono a rischio a causa della deforestazione, degli incendi e dell’espansione dell’agricoltura intensiva, che distruggono gli alberi in cui nidificano e riducono la disponibilità della flora mellifera. Supportare queste api significa contribuire alla conservazione ambientale e alla resilienza delle comunità locali di fronte al cambiamento climatico, valorizzando al contempo un prodotto di alta qualità, espressione delle tradizioni e della biodiversità locali.

Il miele delle api senza pungiglione native del Chaco Chuquisaqueño rappresenta un’eredità ancestrale tramandata da diverse generazioni, a partire dalle donne Guaraní. Questo miele, prodotto in quantità minori rispetto alle api comuni, possiede straordinarie proprietà medicinali, come effetti antibiotici e cicatrizzanti, utilizzate dalle comunità per trattare in particolare alcune malattie oculari. Inoltre, credenze popolari tramandate nei secoli considerano questo miele essenziale per la fertilità e utile per alleviare cataratte e altre patologie.

Per generazioni, le donne che abitavano anticamente questi territori hanno combinato saperi ancestrali e tecniche moderne per la cura delle api senza pungiglione. Oltre alla produzione di miele, le meliponicultrici si dedicano alla lavorazione e trasformazione di prodotti derivati dalle api, come creme, balsami per labbra, shampoo, pastiglie e sciroppi, partecipando attivamente a fiere locali e nazionali per la vendita diretta. Il ruolo delle donne è quindi fondamentale non solo per la cura delle api, ma anche per la conservazione ambientale. Supportare queste donne significa valorizzare il loro ruolo come pilastri delle comunità locali e riconoscere il loro ruolo di protagoniste nella difesa della biodiversità e delle tradizioni culturali Guaraní.

Le piccole api senza pungiglione di Chuquisaca sono custodi della biodiversità in una delle aree più ricche e diverse della Bolivia, situata nel cuore del Parco Nazionale Serranía del Iñao. In questo territorio, dove si incontrano tre ecosistemi distinti – Gran Chaco, Bosque Tucumano Boliviano e Chaco Serrano – le api contribuiscono al mantenimento di un equilibrio ecologico essenziale per la salute della terra.

La coordinatrice del Presidio delle Api Senza Pungiglione di Chuquisaca, Edith Martinez Guerra, afferma:

“Per me, aprire questo Presidio significherebbe molte cose importanti. Innanzitutto, sarebbe un modo per valorizzare i mieli e gli altri prodotti delle api native, non solo come alimenti, ma anche come strumenti chiave per la conservazione della biodiversità a livello internazionale. Inoltre, costituirebbe uno sforzo per recuperare qualcosa che sta scomparendo: pratiche e conoscenze ancestrali che, per mancanza di valorizzazione e trasmissione, rischiano di perdersi per sempre. È anche un’opportunità per rivalutare le nostre tradizioni alimentari, quelle che sono sane e sostenibili, ma a volte dimenticate a causa della mancanza di informazione e conoscenza.”

Le donne coinvolte nel progetto fanno parte della Comunità Slow Food “Mujeres promotoras al cuidado de las abejas nativas del Chaco Chuquisaqueño” e di un’associazione chiamata AMMECH – Asociación de Mujeres Meliponicultoras Ecológicas del Chaco Chuquisaqueño. Grazie al lavoro dell’Associazione AMMECH e al supporto del progetto SANAPI, il miele delle api native del Chaco Chuquisaqueño è stato finalmente riconosciuto come Presidio Slow Food. Questo riconoscimento sottolinea non solo il valore gastronomico del miele, ma anche la sua importanza culturale, ambientale ed economica per le famiglie che lo producono.

Il progetto SANAPI è finanziato da AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e co-finanziato dalla Fondazione Prosolidar.

Roma 9 dicembre – Oggi a Roma in conferenza stampa CNESC- Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile, CSEV- Coordinamento spontaneo Enti e Volontari di servizio civile del Veneto, CSVnet – associazione centri di servizio per il volontariato, Forum Nazionale Servizio Civile e Rappresentanza nazionale degli operatori volontari, hanno presentato il Manifesto ed il logo della Campagna ‘Quanto Vale il Futuro? Più Servizio Civile, per investire nei giovani e nel bene comune!” che vuole rappresentare un impegno fattivo e permanente da parte degli Enti co-promotori e di quanti aderiranno, per far crescere assieme alle Istituzioni l’intero sistema Servizio Civile.

Dopo mesi di incertezza, la scelta lungimirante del Governo di investire 413 milioni che permetteranno l’avvio di circa 60.000 giovani, e di garantire un numero stabile di almeno 50.000 giovani per le annualità 2025-2027, consentirà agli enti di programmare i propri interventi e di assicurare quindi maggiore stabilità e continuità all’intero sistema per almeno altri quattro anni, e conseguentemente, offrirà ai giovani l’opportunità di impegnarsi per la propria comunità e il bene comune. Tuttavia, sono mediamente più di 100.000 i giovani che ogni anno chiedono di fare servizio civile, e quasi 90.000 i posti presentati dagli enti in progettazione.

Per rispondere a questa domanda di partecipazione dei giovani, la Campagna ‘Quanto Vale il Futuro?’ punta all’obiettivo dell’Universalità del Servizio Civile e per questo chiede di garantire un fondo ordinario stabile che ogni anno permetta l’avvio al servizio di un contingente minimo di almeno 60.000 operatori volontari. Chiede, inoltre, di favorire la partecipazione dei giovani: diffondendone la conoscenza e rafforzandone la promozione attraverso accordi con le Scuole e le Università e azioni di orientamento, facilitando i processi di accesso per superare l’attuale modello concorsuale che rappresenta un ostacolo all’inclusione, sia per gli Enti che per i giovani.

Da più di 50 anni il Servizio Civile offre il suo prezioso contributo al radicamento dei principi costituzionali e alla costruzione della pace positiva, impegnando i giovani all’interno di interventi finalizzati alla tutela del bene comune, alla protezione e al sostegno delle persone fragili, alla tutela dei beni ambientali e del patrimonio storico e artistico, all’educazione, alla promozione dei Diritti Umani e alla cooperazione tra i popoli. In una situazione sempre più complessa a livello nazionale e internazionale, di sfilacciamento delle nostre comunità, di emergenze, di tensione sociale, investire nel servizio civile significa investire in un’esperienza che contribuisce al benessere di tutti e di tutte, all’inclusione, al contrasto alla violenza, alla coesione sociale delle comunità.

Se credere nel futuro significa non perdere la capacità di sognare e di progettare, allora i co-promotori ricordano al Governo e a tutti i cittadini e le cittadine, che esiste uno strumento che investe con fiducia nei giovani e offre loro la possibilità di sognare e di realizzare un cambiamento. E questo strumento è il Servizio Civile.

È partita la 10a edizione del Concorso DiMMi-Diari Multimediali Migranti, promosso da diciassette organizzazioni operanti a livello nazionale per valorizzare le storie delle persone di origine o provenienza straniera che vivono o hanno vissuto in Italia e nella Repubblica di San Marino. Sono ammessi tutti i racconti autobiografici inediti inviati entro il 31 marzo 2025: dai testi scritti ai file audio, fotografie, e-mail, lettere, disegni, cartoline, video, e realizzati in qualsiasi lingua, se accompagnati da una traduzione che ne faciliti la comprensione.

Non è vincolante che le opere siano concepite in forma “diario” (ovvero con una scansione temporale giornaliera) ma requisito fondamentale è che siano narrazioni di sé, non romanzate e non rielaborate da terze persone.

Novità importante di questa decima edizione è l’ampliamento del Comitato scientifico, a oggi completato da quattro rappresentanti nominati dagli autori e dalle autrici DiMMi che hanno partecipato alle edizioni precedenti del Concorso.

Le prime 100 opere arrivate entro il termine saranno esaminate dalle Commissioni territoriali di valutazione, con particolare interesse per i racconti che trattano delle culture e dei contesti di origine, dell’esperienza di migrazione, del vissuto dell’autore nel paese di arrivo o di transito.

Le opere vincitrici saranno annunciate durante il 41° Premio Pieve Saverio Tutino (settembre 2025), e pubblicate entro l’anno successivo in un’antologia della collana DIMMI a cura dell’editore Terre di mezzo.

Tutte le opere inviate, vincitrici e non, rimarranno custodite nel fondo speciale DIMMI presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, e rese consultabili a chiunque desideri informazioni e approfondimenti sulle migrazioni in corso.

Nato in Toscana nel 2012, DiMMi è notevolmente cresciuto e confluito nel 2019 nel più articolato progetto DIMMI di storie migranti, (dimmidistoriemigranti.it/) che a oggi ha permesso di raccogliere circa 630 testimonianze di persone provenienti da oltre 70 Paesi di origine.

L’importanza di DIMMI coincide con il progressivo spazio di fiducia che il progetto è riuscito a creare e a sviluppare negli anni grazie all’intento di valorizzare le storie autobiografiche, condivise da chi ha un’esperienza di migrazione diretta o da chi la racconta attraverso quella della propria famiglia.

È un progetto ambizioso, che vuole contribuire ad abbattere stereotipi e razzismo partendo dalle storie personali, sensibilizzando cittadine e cittadini sui temi della pace, della memoria e del dialogo interculturale attraverso racconti che si fanno veicolo di cittadinanza globale.

Lo spazio e la portata politica che nascono da questa esperienza fanno dell’auto-narrazione un canale privilegiato per costruire nuovi linguaggi e trasformare le comunità alle quali i e le partecipanti appartengono.

In libreria, e online su attivalamemoria.it/negozio/, è possibile acquistare l’ultima raccolta della collana DIMMI “Nella stessa acqua” (Terre di mezzo 2024), antologia dei racconti finalisti alla ottava edizione del concorso (2023). Maggiori informazioni su www.dimmidistoriemigranti.it/concorso/.

Il Comitato Scientifico del concorso DIMMI è composto dall’Archivio Diaristico Nazionale, Arci Firenze, Amref Health Africa ETS, Archivio delle memorie migranti, ASPEm – Associazione Solidarietà Paesi Emergenti, Centro di ricerca sull’emigrazione Università della Repubblica di San Marino, Circolo Gianni Bosio, Comune di Pontassieve, Comune di San Giovanni Valdarno, Comitato 3 Ottobre, ISMED/ CNR, Rete italiana di cultura popolare, EPALE Italia, Oxfam Italia Intercultura, Unione dei Comuni della Valdera, Un Ponte Per ETS, e completato da quattro rappresentanti individuati dagli autori e dalle autrici che hanno partecipato alle edizioni precedenti del Concorso DiMMi.

Con l’anno 2024 si conclude anche il progetto “Odiare non è uno sport 2”, che in sette regioni italiane ha avuto l’obiettivo di contrastare e prevenire l’hate speech online e offline, mettendo al centro attività educative per favorire la resilienza dei e delle giovani di fronte a questo fenomeno insidioso e mutevole.

In collaborazione con un partenariato solido e qualificato, coordinato dall’organizzazione CVCS di Gorizia, sono state realizzate attività di ricerca e analisi sul fenomeno del discorso d’odio tra il target giovanile e con particolare riferimento al mondo dello sport, oltrechè azioni di formazione e sensibilizzazione.

Nell’ambito della formazione e sensibilizzazione, ASPEm ha realizzato le seguenti attività:

  • formazione rivolta a docenti: ASPEm ha formato 60 docenti su temi e strumenti legati al discorso d’odio. Tra questi sono stati approfonditi: l’approccio interculturale, per agevolare a scuola processi di reale scambio culturale, di dialogo e di inclusione; l’odio per motivi di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, al fine di fornire strumenti per prevenire discriminazioni, promuovere un ambiente scolastico inclusivo e rispettoso, decostruire stereotipi di genere, sensibilizzare sul linguaggio inclusivo, promuovere la parità, comprendere e rispettare le diverse identità sessuali, prevenendo bullismo e marginalizzazione; l’ideazione, creazione e utilizzo di silentbook per promuovere nuove forme di linguaggio inclusivo e contrastare l’hate speech;
  • workshop rivolti a personale sportivo: 80 persone, tra cui dirigenti, allenatori e allenatrici ma anche genitori e gente appassionata di sport, hanno partecipato a 4 incontri formativi sui temi dello sport inclusivo, della cultura della sportività e del tifo positivo, che hanno avuto l’obiettivo di promuovere il rispetto delle diversità, favorendo l’accesso allo sport per tutte e tutti, educare al fair play e al supporto costruttivo, contrastando discriminazioni e comportamenti aggressivi, in campo e fuori;
  • formazione e sensibilizzazione di 400 studenti delle scuole secondarie e di 100 giovani di squadre sportive sulla prevenzione e il contrasto al discorso d’odio: tramite attività partecipative e di attivazione individuale e di gruppo, si è lavorato per riconoscere i meccanismi del discorso d’odio, sviluppare competenze per contrastarlo e promuovere una cultura del rispetto e dell’inclusione, favorendo la consapevolezza critica, l’empatia e il senso di responsabilità sociale;
  • creazione di una squadra di attivismo digitale: ASPEm ha coinvolto 15 giovani in un percorso di cittadinanza attiva esercitata nella sfera online dove, dopo una preparazione iniziale, sono state sperimentate azioni di contrasto attivo all’interno di pagine e conversazioni pubbliche, con il fine di dissuadere o smorzare i contenuti d’odio;
  • supporto alla campagna web di narrazione alternativa: ASPEm ha contribuito alla diffusione del messaggio Odiare non è uno sport attraverso l’accompagnamento di studenti e giovani nella creazione di materiali multimediali e il coinvolgimento di testimonial del mondo sportivo, contribuendo a sensibilizzare sul tema dell’odio nello sport e a promuovere società più inclusive.

Tra il 2023 e il 2024, il progetto Odiare non è uno sport, giunto alla sua seconda edizione, ha formato in sette regioni italiane oltre 400 docenti di scuole secondarie di I e II grado, 500 allenatori e operatori sportivi di varie discipline; 300 tra dirigenti e referenti di società sportive e ASD. Ha inoltre raggiunto e formato al contrasto all’hate speech circa 3.000 studenti di scuole secondarie e 2.000 giovani sportivi iscritti alle Asd delle regioni coinvolte (nel dettaglio: Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Veneto).

Ha inoltre prodotto strumenti importanti come il Barometro dell’Odio nello Sport, realizzato dal Centro CODER dell’Università degli Studi di Torino, e una Unità di Apprendimento (UDA) per studenti delle scuole secondarie e per allenatori delle società sportive. Ma ha anche lavorato in termini di comunicazione, con una potente campagna web di sensibilizzazione, con interviste a grandi campioni, testimonial del messaggio anti-odio, un podcast in otto puntate, uno spot radiofonico, flash mob in 13 città in occasione della Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace (6 aprile 2024) e un corrispettivo flash mob online che ha visto la partecipazione di migliaia di sportivi e sportive in tutto il Paese.

Il successo del progetto dimostra quanto sia cruciale affrontare temi come il contrasto al discorso d’odio per costruire comunità più inclusive e consapevoli. Il confronto con i partner e lo scambio di esperienze hanno favorito la realizzazione di attività di qualità, capaci di coinvolgere e sensibilizzare in modo efficace, favorendo la partecipazione attiva di diversi soggetti protagonisti. Il progetto si conclude quindi con l’obiettivo futuro di sviluppare nuovi progetti che possano ampliare l’impatto positivo già raggiunto.